Caorle d’inverno
Una croce di pietra – una porta
il fanale acceso da poco…
sotto il cono del campanile
fra primule, rampicanti e giunchiglie
nell’odore di mare aperto che sciama,
vedrai rimescolarsi correnti
canne a punta, solitudine, sassi
sotto un cielo perduto – nient’altro
sopra i macigni un libro azzurro sfoglia
pagine vuote, la chiesa si accende –
non dimentichi un silenzioso
dies irae di teschi, a cataste
i fantasmi dei secoli nelle arcate
a incantare i viandanti non ci sono
sirene antiche con ali –
pesci passeri sfondano i ghebi
unghie di madreperla bucano il fondo
oltre il giorno cristallizzato
nel riverbero sfatto di splendore
con dita di schiuma l’aria
ti scioglie in quiete perfetta
Alicudi
Prima che la tua barca
eludesse la curva dell’isola
il dorso della montagna, ombre terrene
sassi arsi e catastrofi rosa
prima che la tua barca
curiosa al giro dell’isola scivolasse
sul mare che sottrae graniglia al monte –
ti sei lasciato una vita alle spalle
consumata in frastorni, ora contempli
l’assoluto blu dal balcone
attimi di luce danzante sull’acqua
lentamente onde lustrare ciottoli
quasi a scolpire un giardino zen
in assioma perfetto
isole viola sfumano in profili
sull’orizzonte, la sera
poi, quando sparano per la festa del Santo
senti aromi brucianti, canti, risate al vino –
sul paese, una mappa di stelle
vertiginosa
prima che tu fossi qui
a dondolare in respiro di sale –
traevano auspici dai gabbiani gli eroi
le sirene scioglievano i capelli
fra scogli liquidi, rosa
nel fondo, dormono naviganti
catturati dal dio senza luce
li trafisse, spense le loro vite
seppellì anfore nella sabbia
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